Un vitigno nobile, ricco di storia e fascino, caratterizzato al tempo stesso da potenza ed eleganza che si esprime in numerose declinazioni, ognuna segno tangibile di una delle molteplici aree della Regione Piemonte in cui viene coltivato. Un vitigno delicato, dalla lenta maturazione che, influenzato dai diversi microclimi, terreni e tradizioni, acquista non solo struttura e profumi ma anche nomi diversi.
Nella zona di Langhe e Roero il vitigno Nebbiolo si trova in ben 32 comuni: quelli alla destra lo trasformano, secondo i disciplinari di produzione, nelle pregiate e blasonate DOCG Barbaresco e Barolo e nella DOC Nebbiolo d’Alba, mentre quelli alla sinistra nel fresco e profumato Roero DOCG.
La nascita della DOC Nebbiolo d’Alba avviene il 27 maggio del 1970 e in ogni sua declinazione diventa un vino prezioso e superbo con il passare del tempo. Amiamo definire il Nebbiolo come un “Poker di emozioni: potente, intenso, fruttato, longevo”.
L’origine del suo nome deriverebbe dalle nebbie protagoniste nelle prime ore delle mattine autunnali.
Il primo dei numerosi documenti in cui si trovano menzioni e descrizioni dell’uva Nebbiolo risale al I sec. d.C.: nel trattato sull’agricoltura il De re rustica viene definito dall’autore romano Lucio Giunio Columella come un vitigno dai “grappoli di uva nera che danno vino da località fredde”. Ancora definito nella registrazione per la sua produzione “Nibiol” e nel 1303 Pier De’ Crescenzi lo descrive come “…specie di uva nera detta nubiola…è meravigliosamente vinosa…teme l’ombra…e fa vino ottimo da serbare…e questa è molto coltivata nella città di Asti e da quelle parti”.
Questo vitigno deve la sua fortuna alla famiglia Savoia: nel 1606 Giovanni Battista Croce, gioielliere della famiglia Reale, lo definisce nel suo trattato come l’unico vino preferito dalla nobiltà. Ma sarà soprattutto grazie al Conte Camillo Benso di Cavour, che il vitigno Nebbiolo acquisirà l’attuale fama: nel 1830 Cavour si rivolse infatti all’enologo francese Odart per migliorarne i processi di produzione, creando il Re dei vini, il Barolo. Dopo l’arrivo della fillossera si riuscì a continuare la coltivazione nelle zone che conosciamo oggi.
Altre espressioni di questo vitigno degne di nota le riscontriamo nelle DOCG Ghemme e Gattinara, vere oasi del nord del Piemonte, tra Vercelli e Novara. Il Nebbiolo è qui noto con il nome “Spanna” e i terreni, meno calcarei e argillosi rispetto a quelli delle Langhe, insieme alle rocce e alle diverse condizioni climatiche, producono vini fini dal bouquet fruttato e minerale, con tannini gentili. Le altre denominazioni da indicare sono il Boca e il Carema, noti per le sfumature intense, con note di frutti a bacca rossa sotto spirito, pepe bianco e cacao.
Questo vitigno lascia il segno anche nella zona della Valtellina: qui è il Chiavennasca a echeggiare tra i ripidi terrazzamenti che arredano le montagne, con i suoi profumi di fiori e note terrose che richiamano sensazioni intense di freschezza e sapidità.
Questo vitigno deve il suo inserimento tra i best of alla sua indiscussa capacità di invecchiamento: il colore da rubino diventa aranciato e i freschi fiori si tramutano in note di boise, spezie, vaniglia, liquirizia, caffè, cannella e noce moscata. La struttura viene modificata dalla trasformazione dei tannini, che si evolvono in eterni e piacevoli formicolii.
Non esiste altro vitigno in Italia che può vantare un legame così intrinseco con il territorio di origine come il Nebbiolo che, se impiantato fuori da Piemonte e Lombardia, non trova né identità né anima, sia a causa della struttura della pianta, sia per il lungo periodo che i grappoli richiedono per arrivare alla loro completa maturazione.
Un colore rosso rubino acceso, in cui ci si può specchiare. Nel tempo i bordi color mattone ne diventeranno romantica cornice. Al naso profumi eterei, di frutti dolci a bacca rossa come lamponi, ribes e mirtilli sono accompagnati da quelli più tostati di nocciola, tabacco e caffè. Con l’affinamento permangono le note di fiori secchi, sottobosco e anice, in cui il tannino è il sottofondo di queste note fini e profonde che a lungo risuonano nel palato.
Gli abbinamenti con i prodotti tipici del territorio sono i più indicati, quasi come se la natura li avesse creati magicamente ad hoc. Ottimo con i ravioli al plin e con i tajarin al tartufo, oltre che con i secondi a base di carne rossa della nobile razza piemontese. Si sposa perfettamente anche con ricotte salate e con i formaggi DOP Murazzano, Toma Piemontese e Bra.