Dopo aver intervistato Davide Ferrarese di VignaVeritas, uno degli agrotecnici più attivi del Piemonte, possiamo iniziare a descrivere l’annata 2019 da un punto di vista strettamente agronomico e varietale.
Siamo ormai giunti alla metà di ottobre e l’attività di vendemmia, iniziata con l’uva moscato e le uve internazionali a base spumante, non si è mai arrestata dalla terza settimana di agosto. Giornate intense dove la carenza di vendemmiatori, anche per i difficili aspetti burocratici, non aiuta il lavoro di raccolta.
Il lavoro di selezione, come non mai, in questa annata ha avuto e avrà ancora per le prossime settimane un ruolo chiave per la lettura e la comprensione di questa annata. Soprattutto nella fase interpretativa delle uve che ne seguirà in cantina.
La 2019 si può definire un’annata rispettosa delle varietà, che ha fornito il giusto tempo alle uve per svilupparsi al meglio e arrivare a una maturazione più complessa e completa, se la si confronta con le annate precedenti. Lo sviluppo, in termini generali, è da apprezzare per la sua impostazione classica, che riporta al passato. Per una sensazione di normalità quasi da non crederci. Eppure i mesi antecedenti alla vendemmia hanno causato anche qualche momento di preoccupazione. A partire dai mesi invernali, più caldi rispetto alla media stagionale, seguiti da una primavera iniziata con temperature basse, in cui non sono mancate le piogge che hanno portato a un leggero rallentamento della fioritura e dell’allegagione. Concausa di una minore presenza di uva rispetto all’“esplosiva” annata 2018.
Dopo un giugno bollente, il mese di luglio ci ha riportati a livelli più normali, a cui sono seguite settimane in agosto mediamente calde appena rinfrescate da qualche episodio temporalesco. L’incertezza più preoccupante c’è stata nei primi giorni di settembre, con piogge e giornate fresche e bombe d’acqua che hanno colpito limitatamente qualche zona delle Langhe. Oggi quasi dimenticate, perché l’ultimo mese d’estate si è rilevato semplicemente magico: il migliore degli ultimi anni. Le puntuali escursioni termiche hanno infatti favorito una completa maturazione delle uve. Il nebbiolo, su tutte le varietà, ama il fresco ed è proprio questo vitigno a essere raccolto per ultimo, dopo moscato, dolcetto, cortese e barbera.
Sul fronte malattie e relativi trattamenti, invece, l’annata 2019 sarà ricordata anche per la presenza continua di mal dell’esca, accompagnata da flavescenza e oidio.
Secondo Ferrarese è il fattore umano a rivelarsi il più importante. Soprattutto se caratterizzato da un approccio decisionista e accurato. I produttori confidenti con le proprie piante, sapranno interpretare l’annata e produrre vini di grande finezza.
Erika Mantovan