Coadiuvati dal report pubblicato da Regione Piemonte e Vignaioli Piemontesi riguardante l’ultima vendemmia, si può fare una bella fotografia circa i numeri del Piemonte vitivinicolo.
È già stato detto, ma è bene ricordarlo, dell’alto livello di piovosità registrato lo scorso anno, co-responsabile di un surplus produttivo di uva che non si raccoglieva da qualche tempo… Sono infatti ben 2,5 i milioni di ettolitri prodotti in Piemonte nel 2018, pari a circa il 30% in più rispetto al 2017. Un incremento che contribuisce al raggiungimento di quei 49,5 milioni (+16% sul 2017) di ettolitri totali (italiani) che garantiscono allo Stivale il primato mondiale in termini di produzione di vino.
Tornando ai piedi dei nostri monti, gli ettari vitati si attestano intorno ai 44.500 circa, condivisi tra 18.000 aziende vitivinicole compartecipi della creazione di un valore (relativo a tutto il settore agroalimentare) pari a 4,5 miliardi di euro complessivo. Export e vino si confermano dunque essere un bel binomio per il Piemonte, rappresentando il 60% del giro d’affari. Di questo, il 30% (di vino) finisce nei paesi extra UE, una fetta di mercato dall’ottimo potenziale, sempre più interessato ai vini piemontesi. Il restante 70% invece è venduto e consumato in Europa, con Germania e Gran Bretagna in testa, ma anche in Svizzera, Francia e Spagna. Anche se – ed è doveroso sottolinearlo – gli Stati Uniti rimangono uno dei mercati più importanti per il vino piemontese. Un Piemonte dunque ben posizionato nel mondo del vino con un valore di export pari al miliardo di euro, ossia il 22% di tutto il comprato agroalimentare piemontese e circa il 18% di quello nazionale dei vini.
I mercati amici del Bel Paese che hanno invece subito una leggera battuta d’arresto in termini di export, complice anche una più magra vendemmia 2017, sono stati Francia e Spagna. E ancora, se Australia e Portogallo sono cresciute a un ritmo dell’8-9%, non è andata altrettanto bene a cileni, neozelandesi, americani e argentini, le cui esportazioni hanno subìto un calo rispettivamente del 3%, del 6%, del 10% e del 12%.
Tornando alle percentuali piemontesi, queste sono rappresentate dalle 42 DOC e 19 DOCG. Numeri che rendono il Piemonte la regione italiana con il maggior numero di denominazioni, sicuramente trainate dal successo del Barolo ma anche della Barbera, così come dai bianchi e quindi Gavi e Arneis, tutti ben presenti oltre i confini dello Stivale.
59 denominazioni, nessun IGT, per circa 600 tipologie di vino, posizionate in tutte le fasce di prezzo prodotte da tre gruppi: oltre il 50% della produzione arriva da l’Asti Docg, la Barbera d’Asti Docg e il Piemonte Doc, un 25% circa da Barolo Docg, Langhe Doc, Barbera d’Alba Doc, Gavi Docg e Dolcetto d’Alba Doc, mentre la restante parte è la sommatoria di tutti gli altri areali produttivi che, oltre a completare l’offerta, contribuiscono a creare una ricchezza di tipicità e di storia anche se con volumi più esigui. È facile infatti inciampare in denominazioni di cui la produzione totale sfiora appena i 1.000 ettolitri. Vini che, seppur di nicchia, incuriosiscono i consumatori e accrescono la value del Piemonte.
Navigando per le denominazioni, l’aspetto che fa riflettere è il numero delle cantine cooperative operanti (54), che oltre a coinvolgere circa 12.000 soci, contribuiscono a circa 1/3 della produzione vitivinicola piemontese. Un lavoro di condivisione e di scopo unico, definito da grandi menti, che in un passato non troppo recente sono stati abili aggregatori di tanti piccoli agricoltori e famiglie, che consentono ancora oggi di arrivare a offrire ampi volumi di prodotto a prezzi competitivi con sempre più attenzione alla qualità e alla sostenibilità. Non mancano dal Monferrato alle Langhe esempi virtuosi di cooperative apprezzate all’estro, presenti sul mercato da oltre trent’anni.
Fonti: Regione Piemonte, Vignaioli Piemontesi
Erika Mantovan