Abbiamo chiesto a Edmondo Bonelli, uno dei più bravi agronomi di Langa, di raccontare il millesimo 2018 nell’area del Barolo, Barbaresco e Roero.
Come sono andati dal punto di vista climatico gli ultimi dodici mesi?
Il 2018 è iniziato con un inverno che, se nel complesso possiamo definirlo “normale”, ha visto alcuni episodi climatici che hanno influenzato l’intera annata, soprattutto per alcuni vigneti. Gennaio infatti è stato un mese particolarmente mite, con temperature decisamente superiori alla norma. Questo ha provocato un parziale risveglio delle viti nelle posizioni più calde che hanno iniziato ad assorbire linfa dal suolo. Durante il mese di febbraio la discesa di aria artica ha provocato intense gelate che hanno compromesso numerose gemme proprio in quelle piante che avevano precocemente iniziato a vegetare, ingannate dal tiepido gennaio. Questo ha causato un danno sensibile soprattutto a carico dei vigneti siti nelle posizioni più soleggiate. Le nevicate fortunatamente non sono mancate e hanno permesso all’acqua di riguadagnare gli strati profondi, inariditi dalla siccità del 2017. La primavera è stata piovosa con fasi anche molto intense mentre l’estate è stata umida e calda. Infatti, anche se non si sono raggiunti quei picchi di calore come l’anno passato, le temperature medie si sono mantenute piuttosto elevate, soprattutto la notte. La stagione estiva e l’inizio dell’autunno sono stati molto diversi all’interno dell’Albese, con aree colpite da ripetuti eventi temporaleschi e altre molto meno.
Non ci siamo dimenticati infatti della siccità del 2017 cosi come la grande quantità di pioggia scesa nei mesi autunnali e primaverili scorsi: quanto è stato difficile lavorare in vigna?
Senza dubbio il 2018 è stata una delle annate più impegnative degli ultimi decenni. Il maggio molto piovoso ha reso difficilissimo l’esecuzione dei lavori manuali e meccanici, concentrati tutti nelle poche finestre di bel tempo. Giugno è proseguito con più sole ma ancora piogge che hanno scatenato malattie fungine con una intensità che pochi ricordavano di avere già visto. Fortunatamente i grappoli erano numerosi e alla fine del periodo difficile, verso i primi di luglio, abbiamo tirato un sospiro di sollievo nel constatare che il raccolto era ancora buono. L’estate ha però portato altre sfide perché i temporali che si sono presentati saltuariamente a luglio e agosto talvolta hanno portato intense grandinate come a Monforte d’Alba e in buona parte della zona del Barbaresco. La vendemmia è decorsa senza troppi problemi, prolungata per il Barolo a causa di una pioggia i primi di ottobre.
Appurato il cambiamento climatico, esiste una vigna, un terreno o un’esposizione che ne ha giovato?
Per la zona dell’Albese il 2018 è stata un’annata che, difficoltà a parte, climaticamente possiamo considerare “normale”. Quindi normalmente le posizioni più calde e soleggiate si sono riconfermate le migliori. Se torniamo al torrido 2017 le cose cambiano. Ma per comprendere come sono andate le cose lo scorso anno è importante tenere d’occhio il comportamento del vitigno che meglio rappresenta questa zona: il Nebbiolo. Esso infatti si mostra così ben adattato alla zona da riuscire autoregolarsi: nelle zone più soleggiate ha reagito rallentando moltissimo l’attività, riuscendo quindi a portare a maturazione il grappolo nonostante l’arsura e il caldo; nelle posizioni un poco più fresche non ha avuto problemi, perfezionando la maturazione come di rado accade in queste vigne. È chiaro che il risultato enologico sarà diverso tra le due posizioni. Nel 2018 l’abbondanza di precipitazioni ha permesso una maturazione perfetta nelle vigne più assolate, mentre in quelle più fresche si è riusciti a raggiungere la sufficienza solo quando il viticoltore è stato attentissimo nell’accompagnare la vigna alla vendemmia con diradamenti accurati e sfogliature mirate. Esiste quindi una vigna ideale di fronte a due annate così diverse?
Esistono secondo te in Piemonte delle zone con condizioni particolarmente ideali per fare vino?
Direi che troviamo in Piemonte combinazioni di suolo e microclima straordinariamente adatte per i diversi vitigni tipici. Non deve sorprendere che corrispondano grosso modo alle zone di produzione tradizionali. Ogni annata mi meraviglio nell’osservare come i diversi vitigni riescano ad esprimersi in maniera eccezionale proprio nelle zone dove la tradizione ne ha indicato la migliore dimora. Questo lo si osserva nonostante il mutamento del clima e non solo nelle ottime annate, ma anche nella capacità di reagire positivamente in anni segnati da condizioni climatiche avverse o estreme. Va ricordato che la viticoltura di oggi è il risultato di migliaia di anni di coltivazione della vite in Piemonte, di vicissitudini climatiche, di malattie devastanti, di gusti mutevoli dei consumatori. Un esempio tra i tanti è l’Arneis: un tempo diffusamente coltivato nel basso Piemonte, poi caduto in disgrazia e sopravvissuto solo in poche vigne sulle colline di finissima sabbia del Roero, laddove dava dei risultati talmente eccellenti che i viticoltori non hanno voluto abbandonarlo in tempi in cui nessuno lo voleva più, prima di essere riscoperto e giustamente portato alla ribalta come grande vino bianco. L’esperienza maturata in migliaia di anni di coltivazione della vite è una ricchezza immensa, se seguiamo e rispettiamo la conoscenza i risultati sono straordinari.
Grazie di cuore a Edmodo per la precisa descrizione dell’andamento vendemmiale di quest’ultimo millesimo.
Erika Mantovan